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DANIMARCA: L’ALBA DEI VICHINGHI!

Seguite l’impulso del momento (senza programmare nulla, nel giro di otto ore) e salite su un aereo o fate il pieno alla macchina e partite. La meta non ha importanza. L’obiettivo è VIAGGIARE con poco bagaglio, stendere le ali e mettere alla prova la vostra capacità di mollare tutto. Lanciarsi istintivamente in un’avventura e allontanarsi per un po’ dalla propria vita è una sensazione straordinaria di libertà. (Lynn Gordon)

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Il viaggio, non cominciò proprio nel migliore dei modi. Io e un amico ci mettemmo d’accordo per partire insieme e fare tutta la Danimarca zaino in spalla, senza prenotare niente. Lui, purtroppo, ebbe dei problemi e io mi ritrovai in aeroporto a Milano da sola. Il viaggio lo scelse lui e sempre lui si informò del posto. Quindi io mi ritrovai lì che, quasi quasi, non sapevo neanche che c’era una moneta diversa. Dormii in aeroporto, dove conobbi dei ragazzi che stavano andando ad un festival vicino Copenaghen: Roskilde si chiamava. Ero un po titubante se partire all’inizio, non è che la Danimarca mi avesse mai attirata, però, loro furono talmente convincenti che alla fine accettai il loro consiglio e partii lo stesso. Passammo quasi tutta la notte a parlare, per poi addormentarci nel wc dei disabili per non essere disturbati, visto che le panchine erano tutte occupate. Ci perdemmo di vista subito dopo essere saliti in aereo.

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Atterrata in Danimarca ci misi 2 ore e mezza, vere, a capire come riuscire ad arrivare in centro città. Alla fine scoprii che c’era un treno sotterraneo.

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Arrivai in stazione centrale all’incirca alle 10,00, ora di inizio della mia avventura. Mi ritrovai che non sapevo dove dormire, dove andare, ne cosa fare, visto che non avevo internet. Al che iniziò il mio pellegrinaggio per tutta Copenaghen alla ricerca di un’ostello. Strani personaggi incontrai lungo il cammino: un ragazzo svedese con la sua ragazza a cui chiesi delle informazioni, dove potevo trovare un’ostello appunto, e che mi offrì un’hot dog, boh… Camminai per altri 2 km almeno, e fermai un tipo che alla fine mi rimandò indietro. Stremata tornai in stazione dove mi sedetti su una panchina. Qui, disperata, incontrai due signori anziani danesi alternativi, anche loro in vacanza nella capitale. Mi raccontarono di essere andati in viaggio di nozze a Roma. Lì appresero da una strana canzone solo due parole italiane, ‘’bella bimba’’, che mi ripeterono per 2 ore tutti felici (che carini *.*). Mi regalarono la loro mappa, e mi consigliarono il loro ostello che era abbastanza economico e che si trovava proprio lì in centro. Inutile dire che feci su e giù per tre ore, senza trovare niente, per poi imbattermi in una tizia che stava sponsorizzando un ristorante. Approfittandone gli chiesi le indicazioni che tanto cercavo. Fu il momento più bello della mia vita quando scoprii che era spagnola, e tutto sembrò più facile! Mi mandò in un punto informazioni proprio lì di fronte, dove sulla mappa mi tracciarono il percorso con la penna.

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Ripartii alla ricerca del mio letto per la notte… Non andò a buon fine ovviamente, perché mi resi conto di non saper leggere le scritte danesi. La tizia del ristorante vedendomi passare più volte disorientata, si offrì di darmi una mano. Mi indicò lei la strada. Era sempre dritta. E non solo! La parola ‘’HOSTEL’’ era scritta a caratteri cubitali su un cartellone -.-‘’ . In quel momento preciso compresi, o meglio mi si palesò davanti la certezza, che sono totalmente rincoglionita. Morale della storia arrivai in ostello quasi alle 10 di sera.

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Mi resi conto di aver fatto bene a seguire il consiglio dei due vecchietti, non solo perché c’era la zona barbecue, ma anche perché lì si poteva fare colazione dalla mattina alla sera. L’ostello si chiamava ‘’City Public Hostel’’ e come simbolo all’entrata c’era una statua di un tizio che suona la chitarra. Stetti lì a discutere con il tipo dell’ostello per un po’, prima che accettasse di tenermi lì per 2 settimane. Ma ce la feci, e mi ritrovai in stanza con altre 66 persone!

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La prima sera fu tranquilla, mi misi sul divano della zona comune a scrutare la situazione. La tranquillità regnava, e io mi sentivo stranamente a casa nonostante non conoscessi nessuno. Non si poté dire lo stesso della mattina seguente. Il mio vicino di letto cinese, alle 7.30 a.m., inizio a saltellare ovunque come una rana in preda impazzita, disturbando il mio sonno principesco. Dirigendomi verso il bagno, incazzata, cercai di trovare spiegazione a tale comportamento. Credo che il primo pensiero che mi venne in mente, fu che fosse un ninja in pensione nonostante la sua tenera età, e che sentiva il bisogno impellente di sfogare i suoi istinti. Stavo già pensando al modo migliore di offenderlo al mio rientro in stanza, quando, entrata in bagno mi accorsi che non c’era un’anima (ps: il bagno era in comune). Subito il mio volto si illuminò del primo raggio di sole della giornata, mentre gli angeli cantavano soavi canti gregoriani. Non potevo crederci!!! i bagni e le docce erano tutti miei. Non offesi mai il mio vicino cinese con cui non riuscivo a parlare ma a esprimermi solo a gesti, e così gli offrii uno dei miei twix quella notte stessa prima di andare a dormire.

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Finitomi di preparare senza orari e senza regole, con l’intento di vedere la città e magari comprare qualcosa da mangiare, mi diressi verso il centro. Feci un bel giro. Incontrai, stranamente, dei sosia internazionali di gente che conoscevo. Strano ma bello. Girai a caso quasi tutto il giorno. Lungo la strada, vidi molti artisti che si cimentavano nelle loro discipline raccogliendo qualche moneta. In seguito scoprii, parlando con loro, che proprio così finanziavano il loro viaggio, vivendo alla giornata. Ovviamente mi persi un’altra volta. Però questa volta, la strada la ritrovai sola.

 

 

 

Arrivata di nuovo in ostello, presi un caffè e mi sedetti su uno dei divani della zona comune. Lì, incontrai uno di quelli che avrebbe fatto parte della mia famiglia di Copenaghen. Morgan Freeman, o meglio, un signore che ci somigliava in maniera incredibile. Infatti nell’ostello, lo chiamavano tutti Mr Freeman. Non vi dirò il suo vero nome, in seguito scoprirete il perché. Era una persona davvero interessante, era bellissimo parlare con lui. Mi ha raccontato tantissime cose e mi ha dato un sacco di consigli utilissimi. Mangiava solo roba confezionata ed io da brava italiana, quando cucinavo, facevo da mangiare anche per lui. In cambio, mi offriva sempre la colazione. Era davvero una persona fantastica, sembrava il classico americano da film filosofico. Con lui era come vivere in un film appunto. Aveva una storia abbastanza bizzarra alle spalle, degna dei migliori film di spionaggio. Ora non sto qui a raccontarvi tutti i particolari anche perché sono suoi privati (vi lascio all’immaginazione), ma qualcuno lo inseguiva. Infatti, come mi aveva già annunciato, l’ostello ad un tratto si riempì di americani di tutte le età. Fu una vera e propria invasione. Strano, in un ostello di soli giovani! Io non so quanto vera potesse essere la sua storia, però fatto sta, che in sua presenza succedevano cose strane. Tipo, la signora che lo seguiva ovunque. Lo accompagnavo a fare la spesa e la signora era a fare la spesa, stavamo in giardino e la signora era in giardino. Oppure come la volta che io lui e altri 3 ragazzi andammo in un vecchio museo del cinema, dove c’eravamo solo noi, e lei era lì, bho… Addirittura, quando si avvicinò il momento della mia partenza, arrivò ad offrirmi 1000$ americani per non lasciarlo solo. Il giorno in cui sarei dovuta andare via, sparì nel nulla, lasciando le sue cose nel mio armadietto. Non avrei più saputo cosa gli successe, però gli volevo bene. Mi mancherà!

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La seconda persona che conobbi, era un marocchino/svedese. Si chiamava Hishamh, un vero e proprio personaggio. Di faccia sembrava un delinquente, però nella realtà era molto simpatico. Infatti mi portò a fare il giro turistico di Copenaghen, compresa la fantastica ‘’Christiania’’,  dove è severamente vietato fare foto. Se ci siete già stati o ci andrete saprete il perché. Vi dico solo che è una sottospecie di Amsterdam recintata all’interno della città, dove vivono degli hippie, veramente fantastica. Lì, infatti, organizzano feste e anche concerti. Non vi lasciate intimidire all’entrata, perché non ce n’è bisogno. E’ frequentato anche da famiglie, ma soprattutto la gente è molto cordiale e gentile. All’interno è tutto esclusivamente biologico, e girando si possono vedere i tipici scenari alla ‘’Alice in Wonderland’’. Cioè sembra un mondo immaginario. ci sono: case sugli alberi, altalene fatte a mano con pneumatici e non, scalette fissate sui tronchi, corde con rulli per buttarsi nel fiume, persone che che vivono lì che passano offrendoti torte ecc.. il tutto costernato da una cornice naturalistica di tipo forestale. Una vera e propria favola.

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La terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima e l’ottava persona li conobbi tutti insieme una mattina. Andai in giardino, e sentendomi parlare italiano, queste persone mi offrirono la colazione. Erano: 2 italiani, una tedesca, un greco e 2/3 brasiliani. La ragazza italiana, era forse la persona più strana e divertente che io abbia mai incontrato. Infatti, era lì in Danimarca in vacanza con la sua amica tedesca dopo essersi fatta un mese di volontariato in Marocco perché studiava in Inghilterra materie umanistiche. Era molto stile hippie, rideva sempre, ed era molto carismatica. Poi ci sono i due/tre brasiliani, che erano a Copenaghen per studio, credo, e con cui facevo un po di fatica a comunicare all’inizio. Dopo siamo diventati ‘’amiconi’’, e addirittura sentendoci ancora adesso, mi invitano sempre ad andare a trovarli in Brasile. L’altro italiano invece, lavorava come cuoco. Anche lui molto cordiale e gentile, ogni tanto ci cucinava dei piatti fantastici. Poi c’era il greco, molto amico dell’italiano. Si erano conosciuti in quell’ostello ed erano sempre insieme. Anche lui era a Copenaghen per lavoro, prima faceva il militare. Più precisamente lo sniper. Non amava raccontare la sua storia perché diceva sempre che era triste. Però davvero una brava persona, infatti, quando mi venne la febbre mi regalò la sua felpa perché io non portai niente di pesante credendo che la Danimarca avesse lo stesso clima che c’era in Italia, ovvero 45°… ma lasciamo perdere!

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In fine, tra la family (no quella di Charles Manson), c’era anche un serbo che devo ammettere di non aver mai visto mangiare, ma solo bere birra. In compenso cucinava sempre per gli altri. Mi ha anche fatto il bordino quando sono stata male per 3 giorni.

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Ma non sono gli unici personaggi che ho conosciuto, infatti tra questi descritti che si sono fermati per un tempo maggiore. Spiccano anche personaggi di passaggio come: un rumeno super simpatico, un messicano che studiava a Torino e parlava italiano meglio di me, un africano che non si sa come sapeva la mia lingua, un arabo che sembrava essere un uomo d’affari milionario, due belgi bellissimi che avrei voluto sposare, uno svizzero di origine siciliana che parlava 5 lingue, due ragazze svedesi hippie che masticavano una strana cosa fatta di tabacco, un giapponese che oltre a fare ogni mattina meditazione con le sfere e le spade offriva anche il the, due inglesi che volevano imparare l’italiano, un tizio che si voleva suicidare creando un tumulto mediatico (infatti rifiutò la mia offerta di sparargli dietro un vicolo) e una ragazza svedese anche lei hippie di 18 anni che stava facendo la cosa più bella in assoluto. Stava girando il mondo con un ‘’Round The World Ticket’’. Ovvero un biglietto aereo che ti consente di passare da una parte all’altra dell’emisfero pagando una cifra fissa che varia a seconda del paese di partenza, e al numero di continenti che vuoi visitare. Avendo più o meno un prezzo che si aggira dai 2000 per un continente ai 3500 euro per 5 continenti (ovviamente va anche a fascia, i prezzi variano), avevi la possibilità di scoprire nuovi mondi. E lei lo stava facendo. Infatti mi raccontò che in Svezia è molto comune prendersi un anno sabbatico per fare questi viaggi e capire cosa si vuole fare nel futuro. Una sorta di interrail mondiale. Dopo aver girato quasi tutta l’europa, dopo Copenaghen la meta era il Giappone, la Thailandia, l’Australia, la Polinesia Francese e via dicendo. Teneva una sorta di diario su facebook che io ho seguito molto volentieri.

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Ma non è finita qui. Un giorno accompagnando un mio amico, dell’ostello, in stazione perché doveva andare a Malmö, decisi anche io di prendere il treno. Ovviamente, scesi in una stazione a caso, dove scesero un sacco di persone, lasciandomi il treno alle spalle. Lo scenario si presentava desertico, ma io non persi le speranze e iniziai a vagare a vuoto alla ricerca di civiltà. Bene, trovai solo campi di grano davanti a me, e ovviamente mi persi. In preda al panico non riuscivo a trovare più la stazione, e la notte stava scendendo. Così presi la decisione più tragica della mia vita, fermarmi sotto una struttura di cemento e dormire lì (non riuscii a chiudere occhio). Passai tutta la notte non solo al gelo ma anche in preda al pensiero che un serial killer, che sarebbe diventato famoso qualche tempo dopo per i suoi omicidi ed io con lui, potesse trovarmi e uccidermi in maniera poco gentile. Meno male che non successe niente quella notte, a parte l’attraversamento tra il 2° e il 3° grado di ipotermia che mi fece rischiare la perdita delle dita. Insomma, mentre recuperavo l’attività motorie, la mattina seguente, vidi passare due bei ‘’giovincelli’’ a petto nudo e con della legna in mano. Mi avvicinai a loro con gli occhi pieni di felicità, e gli chiesi se sapevano dov’era la stazione. Loro, dopo avergli raccontato la mia storia, ridendo mi dissero se volevo andare in un campo con loro, che stavano organizzando una festa, e poi l’indomani mi avrebbero accompagnata dove volevo. Ovviamente, avendo già rischiato la vita una volta, accettai e li seguii. Quello che vidi fu semplicemente fantastico… Erano dei nomadi, e con i loro compagni, avevano creato una sottospecie di campo dove si fermarono per un po: c’erano tende, tavoli costruiti in legno, divani fatti con l’erba, ecc… Semplicemente fantastico. Ecco, qui appena arrivai, mi trascinarono a mangiare e mi dissero subito che avrei potuto dormire dove volevo e che quella era anche casa mia. Lì aiutai a preparare tutto per la festa, e quella notte fu incredibile. Sembrava un sogno, tutti si volevano bene e tutti erano disponibili con il prossimo. C’erano dei bambini che danzavano attorno al fuoco, cibo, bevande, musica, tutto. Il tempo sembrava rallentato e la musica ovattata, non so spiegarvi la gioia. Mi ricordò per qualche momento la Spagna. Andammo avanti così, quasi per tutta la notte, per poi andare a vedere le stelle e il sole sorgere in una valle li vicino. Non mi fermai solo quella notte come avevo calcolato, ma mi fermai per altri 2 giorni. Giunto il momento in cui loro dovevano rimettersi in cammino mi chiesero se volevo unirmi a loro, risposi che non potevo, ma dentro di me sarei voluta andare. Loro mi dissero che sarei rimasta di famiglia e che se li avessi rincontrati sarei stata la benvenuta. Così tre ‘’baldi’’ giovani mi riaccompagnarono al treno, e tornai nel mio fantastico ostello di Copenaghen.

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La vacanza prosegui e successero mille altre cose. Alla fine, mi ritrovai con un ragazzo italiano in aeroporto che conobbi qualche giorno prima. Lì, proprio in aeroporto, conoscemmo un’altra ragazza italiana che ci raccontò la sua storia. Purtroppo, essendo io ancora dotata di etica, non ve la racconterò perché molto personale diciamo. Atterrata a Milano all’incirca per mezza notte, iniziai a correre come una forsennata per raggiungere la navetta e in seguito riuscire a prendere l’ultimo autobus per Bologna. Meno male, che l’autista della navetta fu tanto gentile da spiegarmi come realmente potevo arrivare alla rimessa dei bus chiamandomi anche il taxi. Se non ci fosse stato lui, probabilmente starei ancora vagando per Milano. Arrivai all’autostazione, e aspettai tipo 10 minuti prima che passasse il primo autobus. Con mia grande sorpresa, ovviamente, non avevano la macchinetta per pagare con il bancomat ed io non avevo contanti in euro. L’autista, così, ben pensò di NON farmi salire, e di lasciarmi lì nelle rimessa da sola alle 24.30 lontano dalla civiltà e con un gruppo di stranieri (tutti uomini) che stavano litigando a toni alti e lanciando bottiglie di vetro. Meno male che c’era un’altro autista, con cui avevo litigato (tra l’altro mio conterraneo), che ha deciso di caricarmi lo stesso. Decise di farmi pagare fermandosi davanti ad un bancomat, mentre eravamo ancora in viaggio, per farmi prelevare. Passammo metà del viaggio a parlare, e mentre io gli raccontavo la mia esperienza tra le loro mille domande, scoprimmo in realtà di starci simpatici. Giunto il momento di salutarci mi augurarono buona fortuna per tutto e io feci lo stesso!

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